Con il D.Lgs. n. 90/2017, emanato in attuazione della c.d. IV Direttiva (Direttiva n. 2015/849), che ha apportato significative modifiche al D.Lgs. 231/2007 sull’antiriciclaggio, è stata profondamente revisionata anche la disciplina sanzionatoria.

In particolare, si è avuto un aggravamento delle sanzioni in relazione alla violazione dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette disciplinato dagli articoli 35 e seguenti del nuovo D.Lgs. 231/2007.

Il D.Lgs. n. 90/2017 ha integralmente sostituito il Capo II del Titolo V del D.Lgs. n. 231/2007 dedicato alle Sanzioni amministrative, prevedendo le seguenti ipotesi:

Articolo 56: inosservanza degli obblighi di adeguata verifica e dell’obbligo di astensione

I soggetti obbligati che compiono le operazioni o eseguono la prestazione professionale e omettono di acquisire e verificare i dati identificativi e le informazioni sul cliente, sul titolare effettivo, sull’esecutore, sullo scopo e sulla natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 2.000 euro. Nelle ipotesi di violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 50.000 euro; per determinare la gravità della violazione si deve tenere conto dell’intensità e del grado dell’elemento soggettivo; del grado di collaborazione con le autorità; della rilevanza ed evidenza dei motivi del sospetto; infine della reiterazione e diffusione dei comportamenti.

Articolo 57: inosservanza degli obblighi di conservazione

Ai soggetti obbligati che non effettuano, in tutto o in parte, la conservazione dei dati, dei documenti e delle informazioni o la effettuano tardivamente si applica la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 2.000 euro. Anche in a tal caso, se le violazioni sono gravi, ripetute, sistematiche o plurime, si applica la sanzione da 2.500 a 50.000 euro.

Articolo 58: inosservanza delle disposizioni relative all’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette.

Salvo che il fatto costituisca reato, ai soggetti obbligati che omettono di effettuare la segnalazione di operazioni sospette si applica una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 3.000 euro (c.d. fattispecie base). In caso di violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 300.000 euro (c.d. fattispecie qualificata).

La medesima sanzione si applica al personale dei soggetti obbligati tenuto alla comunicazione o alla segnalazione (in via esclusiva o concorrente con l’ente presso cui operano) dell’omessa segnalazione di operazione sospetta. Se le violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime producono un vantaggio economico, l’importo massimo della sanzione è elevato: i) fino al doppio dell’ammontare del vantaggio medesimo, qualora detto vantaggio sia determinato o determinabile e, comunque, non sia inferiore a 450.000 euro; ii) fino ad un milione di euro, qualora il predetto vantaggio non sia determinato o determinabile.

Ai soggetti obbligati che, con una o più azioni od omissioni, commettono, anche in tempi diversi, una o più violazioni della stessa o di diverse norme in materia di adeguata verifica della clientela e di conservazione, da cui derivi, come conseguenza immediata e diretta, l’inosservanza dell’obbligo di segnalazione di operazione sospetta, si applicano unicamente le sanzioni previste per tale ultima violazione. Ai soggetti obbligati che omettono di dare esecuzione al provvedimento di sospensione dell’operazione sospetta, disposto dall’Uif, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.

Si rammenta che nella precedente versione del D.Lgs. 231/2007 l’omessa segnalazione di operazioni sospette era punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dall’1 per cento al 40 per cento dell’importo dell’operazione non segnalata.

Pertanto, la scelta del legislatore di sanzionare la predetta violazione con il pagamento di un importo avente un range di base fisso comporta la paradossale conseguenza che, per le omissioni meno gravi, la sanzione comminata dal nuovo D.Lgs. 231/2007 risulta più gravosa rispetto a quella prevista nella previgente versione, mentre per le violazioni di importo più rilevante il nuovo regime punitivo è più favorevole rispetto al precedente!

Articolo 59: inosservanza degli obblighi di comunicazione da parte dei componenti degli organi di controllo dei soggetti obbligati.

Qualora i componenti degli organi di controllo presso i soggetti obbligati nell’esercizio della propria funzione omettano di effettuare le comunicazioni obbligatorie sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro; le sanzioni in questo caso sono irrogate dalle autorità di vigilanza di settore nei confronti dei componenti degli organi di controllo presso i soggetti obbligati rispettivamente vigilati.

Articolo 60: inosservanza degli obblighi informativi nei riguardi dell’UIF e degli ispettori del MEF.

I destinatari degli obblighi di trasmissione e informazione nei confronti dell’UIF che omettono di fornire all’UIF le informazioni o i dati richiesti per lo svolgimento delle sue funzioni istituzionali sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro. La medesima sanzione si applica a coloro che, in occasione delle ispezioni effettuate da funzionari del Ministero, si rifiutino di esibire documenti o comunque rifiutino di fornire notizie o forniscano notizie errate od incomplete.

Le nuove sanzioni sono entrate immediatamente in vigore; al riguardo è fondamentale considerare che risulta applicabile anche in materia di antiriciclaggio il principio del favor rei, in base al quale nessuno può essere sanzionato, sia a livello penale che amministrativo, per un fatto che, alla data di entrata in vigore del decreto, non costituisce più illecito. Pertanto, le sanzioni irrogate, in vigenza del precedente decreto, in relazione all’omessa istituzione dell’archivio unico informatico, non possono più essere applicate, essendo stato tale obbligo espunto dal D.Lgs. 231/2007.

Inoltre, alle violazioni sanzionate in via amministrativa, anteriori all’entrata in vigore del decreto, si applica la legge vigente all’epoca della commissione del fatto, se più favorevole, ivi ricompreso il pagamento in misura ridotta.

Con la circolare del 6 luglio 2017 il Ministero dell’Economia e delle finanze – Dipartimento del Tesoro ha fornito chiarimenti in ordine alla portata applicativa delle nuove disposizioni sanzionatorie amministrative ed ha fornito le prime istruzioni operative in relazione ai criteri da adottare per quantificare la sanzione da irrogare.

In particolare, si segnala che la circolare illustra i criteri da adottare al fine del riscontro della sussistenza dei parametri legislativi che caratterizzano la violazione c.d. “qualificata” di cui all’art. 58, comma 2, oltre che le modalità di determinazione della misura della sanzione.

E’ tra l’altro specificato che l’Autorità verbalizzante, nel qualificare la fattispecie quale violazione dell’obbligo di segnalazione di operazioni sospette, è tenuta, nel formulare la contestazione, ad individuare in quale delle due fattispecie tipizzate dal legislatore sia sussumibile il fatto concreto, mediante un “puntuale e circostanziato riscontro” relativamente all’eventuale sussistenza delle circostanze di fatto corrispondenti ai parametri stabiliti al comma 2, ai fini della configurabilità della fattispecie di violazione “qualificata”.

Tale previsione risulta particolarmente interessante e sarà quindi essenziale, in caso di contestazione di una violazione dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette, verificare se i verbalizzanti abbiano effettivamente individuato in quale fattispecie rientri la violazione ed abbiano motivato tale scelta; in caso contrario, si potrà impugnare tale contestazione lamentando una carenza di motivazione.