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Con la reintroduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni ad opera del 47° comma dell’articolo 2 del D.L. 262/06 sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, si è sviluppato un annoso dibattito tra giurisprudenza e dottrina sorto in relazione al tema della tassazione indiretta del trust, con specifico riferimento al momento di esigibilità dell’imposta sulle liberalità.
Secondo l’impostazione seguita dall’Ufficio la sopracitata disposizione, nell’estendere l’ambito di applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni anche all’apposizione di vincoli di destinazione, renderebbe esigibile l’imposta sulle liberalità già al momento della costituzione del trust, ciò in quanto al momento della sua istituzione si conferiscono beni a titolo gratuito con efficacia segregante così come previsto dal D.L. 262/2006.
La documentazioni di prassi – cfr: circolare n. 48/E del 6 agosto 2007 e circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008 – afferma infatti che gli “effetti segreganti” del trust danno luogo ad un trasferimento dei beni conferiti che dovrebbe assoggettarsi a tassazione secondo le regole di cui alla reintrodotta legge sulle successioni e donazioni, ragion per cui la costituzione del trust sconterebbe la sola l’imposta di registro in misura fissa soltanto nell’ipotesi di istituzione del trust in assenza di conferimento di beni e, dunque, di un effettivo trasferimento di ricchezza.
La giurisprudenza di merito ha però censurato tale impostazione ritenendo, di contro, preferibile la tassazione proporzionale al momento della attribuzione dei beni del trust ai beneficiari, anziché in quello antecedente dell’atto dispositivo. Ne costituisce esempio la lettura della Commissione Tributaria Regionale di Milano, sez. 15, che, con la sentenza n.73 del 4 luglio 2012, ha affermato che alla costituzione di un trust in cui il costituente si nomina trustee dei propri beni immobili, al fine di rafforzare la garanzia fideiussoria prestata a favore di alcune banche, non si applica l’imposta sulle successioni e donazioni. Il trust auto-dichiarato, a parere del citato giudice, non può essere qualificato come uno specifico negozio di destinazione del patrimonio a cui applicare l’imposta di successione e donazione, per mancanza del presupposto soggettivo della liberalità della disposizione; inoltre la segregazione dei beni dal disponente non configura alcuna capacità contributiva in capo al trustee stesso.
Con le ordinanze nn. 3735 e 3737 del 24.02.2015, la Corte di Cassazione si è espressa sul tema affermando che l’atto di costituzione del trust, in mancanza di conferimento di beni, non dovrebbe essere assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni per la ragione che nessuna ricchezza potrebbe dirsi trasferita. Se da un lato la suprema Corte avalla l’interpretazione della dottrina e della giurisprudenza di merito maggioritaria, dall’altro lato ritiene “il Decreto Legge n. 262 cit., articolo 2, comma 47 e ss., abbia istituito un’autonoma generale imposta “sulla costituzione dei vincoli di indisponibilità” la cui disciplina sarebbe stata indicata per relationem nelle regole contenute nel Decreto Legislativo n. 346 cit., “concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni”. Secondo tale orientamento, pertanto, l’applicazione dell’imposta prescinderebbe dal trasferimento di ricchezza discendente dal conferimento di beni poiché la stessa troverebbe il suo presupposto impositivo nella semplice costituzione di “vincoli d’indisponibilità” includendovi tra questi ultimi il trust.
Tale conclusione trae origine da un’interpretazione letterale del citato art. 2, comma 47, D.L 262/2006, disposizione che, laddove ha istituito l’imposta sulle successioni e donazioni anche sulla costituzione dei vincoli di destinazione, sarebbe da leggersi nel senso che oltre alla reintroduzione dell’imposta sulle liberalità sarebbe stata ex novo introdotta anche una nuova autonoma generale imposta “sulla costituzione dei vincoli di destinazione”.
La decisione ha suscitato non poche perplessità agli operatori del diritto che hanno sin da subito auspicato un reviremànt della Suprema Corte.
Con la sentenza 21614 del 24.10.2016 avente ad oggetto il caso di un trust autodichiarato, sebbene la Cassazione non abbia fatto chiarezza circa la presunta introduzione di una specifica imposta sui vincoli di destinazione, è stato affermato che il presupposto impositivo delle imposte sulle successioni e donazioni risulta in ogni caso integrato solo al momento del trasferimento di beni o diritti in trust, per tale intendendosi l’effettivo arricchimento dei beneficiari.
Secondo la più recente interpretazione del Giudice di legittimità, dunque, la semplice costituzione del vincolo patrimoniale non configura un trasferimento imponibile, ciò in quanto l’istituzione di un trust è fattispecie equiparabile ad una donazione indiretta “cui è funzionale la segregazione quale effetto naturale del vincolo di destinazione”.
In altri termini, dalla segregazione non deriverebbe alcun effettivo arricchimento di persone, il quale si realizzerà soltanto al momento della concreta disposizione in favore dei beneficiari, i quali ultimi saranno tenuti pertanto al pagamento dell’imposta in misura proporzionale.
In attesa di conoscere gli ulteriori sviluppi giurisprudenziali e in ogni caso auspicando un intervento chiarificatore da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, al fine di evitare contestazioni da parte dell’Ufficio sarà necessario applicare estrema cautela nell’individuazione delle imposte applicabili al momento della registrazione dell’atto istituivo del trust.